La Cattedrale di Santa Maria del Fiore, il campanile di Giotto, la Cupola del Brunelleschi e il Battistero di San Giovanni. Gioielli tra i più preziosi del patrimonio storico e culturale italiano. Ma come combinare le inevitabili necessità di restauro e manutenzione di opere così delicate con le visite culturali e turistiche che li rendono alcuni dei monumenti più visitati al mondo, con oltre un milione e 200 mila visitatori nel 2022? La soluzione individuata è quanto mai ingegnosa e innovativa, come dimostra l’intervento nel Battistero in questo periodo oggetto di lavori. Matrice dello stile architettonico del romanico fiorentino, il Battistero è tempio religioso ma al tempo stesso monumento civico.
Luogo di investitura di cavalieri e poeti, è l’edificio in cui venne battezzato Dante Alighieri, che lo cita nella Divina Commedia (esule, il Sommo Poeta ricorda “il bel San Giovanni” nel XIX canto dell’Inferno). Per tutti è lo scrigno marmoreo di mosaici duecenteschi a sfondo oro di incredibile fattura e valore culturale. Da oggi visibili da vicino “grazie” ai lavori di restauro avviati a distanza di un secolo dai precedenti, su mille metri quadrati di superficie per oltre 10 milioni di tessere policrome.
E' lo scrigno marmoreo di mosaici duecenteschi a sfondo oro di incredibile fattura e valore culturale
Dopo un lungo periodo di gestazione, la soluzione individuata per combinare le operazioni di recupero (con mirabili intenti divulgativi a vantaggio del pubblico più ampio), è stata quella di realizzare un ponteggio a forma di fungo, con altezza 31,50 m e diametro 25,50, su una superficie occupata a terra di soli 63 mq ma calpestabile sopraelevata di quasi 620 mq. Il cantiere tecnologicamente innovativo rappresenta in effetti un’impresa in sé: una struttura imponente composta da oltre 8150 elementi prefabbricati, montati secondo un serrato e ben definito programma dei lavori. Oltre ad offrire al grande pubblico l’irripetibile occasione di ammirare le opera musive, la struttura consentirà ovviamente le indagini diagnostiche necessarie per verificare i distacchi o le decoesioni, il degrado delle tessere e il generale stato di “salute” dei diversi materiali dell’opera.
Il cantiere e l’intervento di restauro sono commissionati e finanziati dall’Opera di Santa Maria del Fiore in accordo con l’Arcidiocesi di Firenze, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e paesaggio per la Città metropolitana di Firenze e le province di Prato e Pistoia. Il cantiere è un progetto dell’Opera di Santa Maria del Fiore con Tecno System Appalti e Layher S.p.A. mentre l’intervento è stato affidato al Centro di Conservazione Archeologica che tra i tanti capolavori a mosaico restaurati, vanta quelli celeberrimi del Monastero di Santa Caterina sul monte Sinai. Mai prima d’ora era stata eseguita una così approfondita campagna di studi e di indagini diagnostiche sulla spettacolare antologia dell’arte di artisti quali Cimabue e Coppo di Marcovaldo: le Storie della Genesi, di Giuseppe ebreo, di Cristo e del Battista, con al centro la grandiosa scena del Giudizio finale.
E sono già emerse interessanti scoperte: l’originalissima tecnica musiva impiegata, la cera pigmentata sul verde di Prato, utilizzata per coprire il bianco del calcare formatosi a causa delle infiltrazioni di acqua, le tracce di foglia d’oro su uno dei capitelli dei matronei, suggerendo che in origine fossero tutti dorati, abbagliando di splendore lo sguardo di chi accedeva nello spazio sacro. Il contrasto tra la severa linearità dell’esterno, scandito dalla bicromia del bianco di Carrara e del verde di Prato, e lo sfarzo dei mosaici non fanno altro che aumentare la meraviglia dello “spettatore” al momento dell’ingresso. Armonia e perfezione regnano nello spazio ottagonale, struttura frequente nei battisteri in riferimento "all'ottavo giorno", il primo oltre i sette della creazione. L'"Octava dies" è infatti un concetto escatologico che rimanda al tempo dell'eternità, dell’infinita beatitudine, cui si accede con il sacramento del Battesimo.
Nel pavimento del Battistero, proprio dietro alla famosa Porta del Paradiso di Lorenzo Ghiberti (così definite da Michelangelo) si trova un bellissimo intarsio duecentesco di marmo che rappresenta lo zodiaco, la cui funzione doveva essere di tipo astronomico. Al suo interno si srotolano una misteriosa scrittura palindroma che allude al Cristo-Sole che sorge e risorge sconfiggendo il male, mentre una frase in latino apostrofa al visitatore: “Huc veniant quicumq(ue) volunt miranda videre”. A distanza di secoli, l’intervento di restauro (che durerà in totale 6 anni) rinnova l’invito, per il presente e per il futuro, a chiunque voglia osservare mirabili bellezze.