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30 aprile 2024,

L'Italia 'zen' alla Biennale Arte

 

La 60esima edizione della Biennale Arte di Venezia porta con sé tutte le tensioni geopolitiche, le ansie e le sofferenze di tempi quanto mai incerti. Una biennale politica come politico è quasi sempre il gesto artistico. Opere, installazioni, dipinti, slogan, parole che passano da quel concettuale (a tratti incomprensibile) tipico dell’arte contemporanea ad un universo di rimandi e citazioni che parlano di conflitti e tensioni, di popoli costretti alla migrazione e di sofferenze.

 

Ne è un esempio il padiglione israeliano, scortato da militari dell’esercito e chiuso in segno di protesta, come spiegato da un cartellone affisso dagli stessi artisti, fino a quando non si arriverà ad un reale cessate il fuoco o ad un accordo per il rilascio degli ostaggi. Ma lo è anche il padiglione Russo, ceduto agli artisti boliviani, come segno di protesta per l'invasione subita dall'Ucraina. Senza dimenticare poi l'allestimento di un improbabile Consolato di tutti i popoli africani, con tanto di bandiera ed affaccio sul Canal Grande, e lo stesso tema dell'edizione 2024: "Stranieri ovunque"

 

 

Sovraccarichi di stimoli l'approdo al Padiglione Italia è una sorta di oasi di pace. Quello nato dalla collaborazione tra l’artista Massimo Bartolini (Cecina, 1962) e il curatore Luca Cerizza è infatti un padiglione minimal, quasi zen (parola quanto mai adatta visto che al centro di una immensa sala compare una minuscola statuina del pensatore Bodhisattva). Accanto a questa l'installazione Due qui/To Hear, inno all’importanza dell’ascolto e della pausa. Qui, in una selva di ponteggi, alcuni organi meccanici producono melodie continue attorno ad una vasca circolare dove un’onda armonicamente ripete se stessa. 

 

 
"Nell'edizione di quest'anno, forse più che nelle precedenti - ha spiegato il curatore Luca Cerizza a Mag1861 - si respira un senso di restituzione e riequilibrio di una lunga storia mondiale che per tanti e tanti secoli ha visto con lente del nostro punto di vista occidentale. Anche le scelte estetiche vedono un grande ritorno per il fatto a mano, per i tessuti, per le arti che un tempo si consideravano minori, per l'artigianato. Una tendenza come conseguenza di una grandissima messa tra parentesi di un percorso di crescita o cambiamento linguistico. Sembra che la stessa modernità sia messa tra parentesi".

 

 

Si respira un senso di restituzione e riequilibrio di una lunga storia mondiale che per tanti e tanti secoli ha visto con lente del nostro punto di vista occidentale. Le scelte estetiche vedono un grande ritorno per il fatto a mano, per i tessuti, per le arti che un tempo si consideravano minori, per l'artigianato. Una tendenza come conseguenza di una grandissima messa tra parentesi di un percorso di crescita o cambiamento linguistico. Sembra che la stessa modernità sia messa tra parentesi


Il Padiglione Italia poi sembra essere la celebrazione del vuoto, dell'ascolto silenzioso ma anche dei contrasti, del vuoto della prima e del pieno della seconda (o della sala centrale considerando anche il Giardino esterno).

 

 

"Il lavoro di Massimo Bartolini è spesso costruito di contrasti, così come quello tra la lunga canna d’organo che potremmo definire un basamento fuori scala per una piccola scultura, all'occidente dell'organo e l'oriente del Bodhisattva), dallo strumento di lavoro e fatica come il ponteggio a quello di elevazione come la musica - ha poi proseguito - contrasti tipici tra alto e basso e cultura diverse e materiali diversi. Al centro c'è poi l’attenzione al vuoto, al silenzio, all'ascoltare ma anche tramite dei contrasti che appaiono potenzialmente stridenti".

 

 

 

 

 

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