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24 dicembre 2022,
di Annalisa Cretella

Dolce e focoso

Una cucina di “pancia e di anima” dove i contrasti, di sapori, consistenze, colori e temperature, esplodono per trovare il loro equilibrio in ogni boccone. Sara Preceruti, chef stellata del ristorante Acquada di Milano racconta i segreti e le difficoltà di questa grande passione, e regala ai lettori la ricetta del suo signature dish, il ‘Gianduia veste rosso’, che più natalizio di così non si può. Con un sorriso largo e gli occhi colore del mare, ci accoglie nel suo regno. A Milano è arrivata all’inizio del 2020, nel periodo più difficile che si potesse immaginare, quasi in contemporanea con il primo caso di Covid, ma la sua storia inizia molto prima. Sara, classe 1983, nata nella terra delle risaie, in Lomellina, è entrata in cucina per la prima volta a 17 anni, “era una trattoria della provincia pavese”, vicino casa.

Dopo le primissime esperienze, tre anni dopo, è arrivata alla Locanda del Notaio, in Valle d’Intelvi, provincia di Como, dove ha conquistato la Stella Michelin. Aveva 28 anni. “L’amore vero per questo lavoro l’ho scoperto stando ai fornelli, quando mi sono resa conto che non mi costava stare in una cucina tutto il giorno, anzi. Ho capito che quella era la mia strada, mi divertivo e non mi pesavano i sacrifici”. Un orario lungo che male si concilia con chi vuole mettere su famiglia, ma “fattibile”.

A proposito com’è essere una chef in un ambiente dove primeggiano ancora gli uomini? “Non facile, purtroppo ci sono ancora ristoranti che non vogliono una donna in cucina. Incredibile ma è così. In passato ho avuto delle difficoltà anche io, sono stata un po’ discriminata, nel senso che le donne vanno sempre a finire in pasticceria. E le mie idee, dai miei vecchi chef non venivano ritenute all’altezza, detto ciò mi sono presa la mia rivincita. Io poi ho un carattere abbastanza forte e determinato nel lavoro e quindi sono andata avanti per la mia strada, a testa bassa”.

Ad Acquada, in società con l’imprenditore Luca Corsini, “ho carta bianca”. “Luca era un cliente, è lui che ci ha salvato dalla pandemia, un giorno mi disse ‘Acquada merita’” E il tempo gli ha dato ragione. “Abbiamo avuto riscontri positivi sia da parte dei clienti che dalle guide”. “Quest’anno abbiamo preso due forchette sul Gambero Rosso, la faccina radiosa su Gatti-Massobrio e siamo menzionati sulla Guida Michelin”. I suoi piatti creativi e originali hanno catturato l’attenzione. E anche se ha avuto scambi e collaborazioni con chef molto noti ci tiene a sottolineare che è “un’autodidatta”.

Quest’anno abbiamo preso due forchette sul Gambero Rosso, la faccina radiosa su Gatti-Massobrio e siamo menzionati sulla Guida Michelin

“Non ho mai sfogliato libri di altri chef per non essere condizionata magari da ricordi di ricette lette. Voglio mettere me stessa in ogni piatto, con le sfumature del mio carattere”. “Quello che posso dire di me è che sono sicura che la mia sia una cucina autentica” dove c’è spazio anche per “la tradizione ma sempre rivisitata, per esempio adesso abbiamo in carta il tiramisù di castagne, che vedendolo non assomiglia al tiramisù ma ha tutti i suoi ingredienti. Quindi partiamo da una ricetta classica base” per farla diventare più “giovane”.

Come il risotto verrebbe da dire, che qui diventa un quadro ricco di dettagli, con una palette di cromie che ricordano le stagioni. D’altra parte Acquada significa ‘acquazzone’ in dialetto lombardo, quell’acquazzone che spesso ti sorprende, ti travolge e “pulisce” quello che c’era prima per dare vita a uno splendido arcobaleno.

Così vuole essere la cucina di Sara Preceruti: sorprendente, forte e capace di rivelare tutti i “colori” del gusto

Così vuole essere la cucina di Sara Preceruti: sorprendente, forte e capace di rivelare tutti i “colori” del gusto. Il risotto “è il piatto che più amo cucinare, mi diverte. Lo si può cambiare sempre in base alle fantasie del momento, per esempio se lo si cuoce con del brodo e lo si lascia bianco, è un piatto neutro e permette di giocare tanto sui contrasti che sui sapori.

Quello che abbiamo in carta adesso, è un riso affumicato con crema di zucca brunoise e sopra viene terminato con cavolini di Bruxelles, lamponi, panna acida, canederli di gamberi e caviale al nero”. Qui la sua “cucina di contrasti” si esprime appieno: c’è la parte acida, la parte dolce, la parte amara, la parte croccante del cavolino, la parte morbida del canederlo di gambero, la parte “gelatinosa” del caviale. E variano le temperature, il cavolino viene messo freddo sul risotto caldo bollente”. Il cibo non è solo nutrimento ma anche continua scoperta. Ma qual è il piatto del cuore, a cui è più legata? “Il mio signature dish, il ‘Gianduia veste rosso’, un dolce non dolce, dove le note del peperone e del cioccolato si sposano perfettamente. Il peperone è stato un azzardo ma è andato bene. Provate a farlo, non è difficile” dice fiduciosa, regalandoci la ricetta. E auguri.

Ingredienti (per 4 persone)

Preparazione

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