Il futuro è donna. Bruno Ceretto lo dice con serena convinzione, non certo per voler compiacere l’interlocutrice. Sua figlia Roberta è la presidente dell’azienda vinicola e sua nipote l’amministratrice delegata. A loro spetta il compito di aprire nuove strade, con la contaminazione di vino, arte e turismo, confermando valori di sostenibilità abbracciati prima che divenissero necessità. Nelle Langhe divenute patrimonio Unesco, le vigne Ceretto sono un tesoro da preservare e valorizzare, per promuovere il territorio e la sua cultura. “La bellezza stimola bellezza”, dice Roberta. Non solo quindi vino di qualità: intorno al barolo fioriscono progetti di gusto e di anima.
“Sono figlia d’arte – racconta - appartengo alla terza generazione di una famiglia che opera da anni nell’ambito enologico e gastronomico, punti di forza del territorio a cui appartengo”. I nonni Riccardo ed Emilia faticano a mettere insieme il pranzo con la cena e lasciano Santo Stefano Belbo negli anni ’30; si trasferiscono ad Alba e Riccardo diventa autista di un’azienda vinicola, ma si limita a vinificare comprando uve altrui. Le Langhe allora erano ‘la malora’ descritta da Beppe Fenoglio, una terra povera dove il vino era prodotto per il consumo dei locali. Saranno i figli Bruno e Marcello ad acquistare via via terreni con una visione diversa, per produrre barolo e barbaresco di qualità. Negli anni ’80 si lanciano in una nuova avventura e investono nel Roero credendo nell’arneis. “Non sono stati i primi – fa notare Roberta – ma i più visionari: il blangé è diventato un tassello importante vicino ai ‘monumenti dell’enologia’ rappresentati da barolo e barbaresco”. La proprietà arriva a 170 ettari e passa nelle mani dei quattro figli. Con loro arriva il passaggio al biologico.
“A un certo punto capiamo che il gioco di squadra serve a far crescere i nostri prodotti, abbinando al vino gli straordinari ingredienti di questa terra, in primis tartufi e poi carni, formaggi e funghi. Insieme creano un sistema speciale di percezione delle Langhe. Ci piace il rischio, e puntiamo su immagine e promozione: coinvolgiamo scrittori, artisti, architetti. Creiamo oggetti con l’obiettivo di arricchire il racconto, consapevoli che le Langhe sono un posto straordinario dove mancano però alcuni collegamenti. Nel 2000 apriamo le cantine: a quei tempi erano pochissimi a farlo. Il territorio spalanca le porte: noi sappiamo che senza le Langhe non ci sarebbe il nostro lavoro. Vogliamo restituire quello che il territorio ci ha dato. Abbiamo inserito l’arte nelle nostre iniziative e questo ci ha premiato. Chi ama un vino di qualità ha sensibilità per il buono e il bello. I collezionisti di bottiglie come quelli di opere d’arte sono persone animate dalla passione e dalla curiosità: vogliono sapere l’origine e il percorso”.
“Le Langhe e il Roero – prosegue - sono straordinari per chi ama la natura: le colline come le vediamo oggi sono merito nostro”. Non a caso le cantine Ceretto hanno un balcone vetrato sui filari, un ‘trampolino’ tra il cielo e i vitigni a 360 gradi. Il panorama è mozzafiato.
Il turista viene a vedere il paesaggio ma lo scopo è ormai soprattutto enogastronomico. La famiglia Ceretto è proprietaria di un ristorante ad Alba che vanta tre stelle Michelin: lo chef Enrico Crippa è uno dei grandi talenti della cucina italiana. “Ha costruito un dialogo con il territorio ed è straordinario avere un ambasciatore come lui”. Nelle Langhe e nel Roero le stelle Michelin sono nel complesso 26 e a Pollenzo ha sede l’Università delle Scienze gastronomiche, fondata da Carlo Petrini. Il risultato è che prima gli arrivi turistici erano limitati a due mesi (il periodo di raccolta del tartufo bianco) ed ora sono spalmati in tutto l’arco dell’anno. La zona si è così animata e va trovando nuovi stimoli: “Il Covid ha dato un’ulteriore spinta: è la riscossa della provincia”.
“Ma le Langhe non sono solo cantine e ristoranti. Noi abbiamo cercato di dare stimoli diversi con l’arte e l’architettura contemporanea. Il paesaggista che sta curando l’ultimo progetto mi ha chiesto il punto instagram: questo è il futuro. Bisogna sempre educare alla bellezza”.
Proprio per questo nel 2009 Ceretto ha deciso di aprire le cantine e farne uno spazio di accoglienza: seminari, degustazioni, tour sette giorni su sette. I visitatori arrivano dall’Italia, dalla Francia, dalla Svizzera, ma anche dall’Austria, dalla Germania, dagli Stati Uniti. “Si respira un’aria internazionale”. In tanti sono venuti grazie anche ad eventi di eccezione come il concerto di Ezio Bosso nel 2019.
Ma non bisogna accontentarsi dei successi: “Abbiamo due progetti molto ambiziosi: vicino la ‘cappella del barolo’, decorata dagli artisti Sol Lewitt e David Tremlett - luogo diventato iconico e visitato da 100 mila persone l’anno - vi sono tante case abbandonate: l’idea è di ristrutturarle e aprire spazi dove il vino sarà protagonista”.
L’altro progetto è nel Roero: una collina con vigna e bosco alla cui cima c’è una torre colpita dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. “E’ stato coinvolto un artista molto conosciuto per creare qualcosa di simile alla Cappella a La Morra: vogliamo che la gente abbandoni l’auto e a piedi respiri vigna e noccioleto”.
La presenza femminile fa sentire ogni giorno di più il suo peso: “Nella mia generazione vi sono tante figlie di produttori ma è interessante vedere come nelle cantine e nella ristorazione, come anche tra i sommelier, le donne stanno diventando bravissime. Quando ho iniziato io erano mosche bianche, ora la musica è cambiata”.