A Londra, Yotam Ottolenghi, 54 anni, italiano da parte di padre con madre tedesca, tata italiana, cittadino inglese nato e cresciuto in Israele, è considerato una star della cucina ‘creativa’ ed è lo chef-patron di sei ristoranti. Per la verità, solo due sono veri e propri ristoranti, gli altri sono negozi di gastronomia famosi soprattutto per i piatti di verdure, le torte, per le insalate più 'cool' del mondo e per le inconfondibili ciotole di mezè (piattini di antipasti mediorientali e assaggi, tipo tapas).
Ottolenghi, gay, padre di due figli con il compagno Karl Allen, con cui convive da 2000, è autore di 8 bestseller di cucina, 2 dei quali lo hanno fatto diventare l’artefice di ricettari vegetariani più famoso del mondo, lui che vegetariano non è. Finora i suoi libri hanno venduto 5 milioni di copie e Ottolenghi, pur non avendo mai avuto neanche una stella Michelin e senza essere considerato un grande chef, mescolando influenze israeliane, iraniane, turche, francesi e, ovviamente, italiane, ha inventato un genere, elegante (ma non troppo), internazionale, immediatamente riconoscibile per il classico tocco alla Ottolenghi.
Mescolando influenze israeliane, iraniane, turche, francesi e, ovviamente, italiane, ha inventato un genere, elegante (ma non troppo), internazionale, immediatamente riconoscibile per il classico tocco alla Ottolenghi
I suoi piatti sono inconfondibili, combinano leggerezza e spezie e c'è un solo modo per definirli, che si condensa in una parola: "alla Ottolenghi". Il suo segreto? Lo stile, personalissimo, impossibile da incasellare, che unisce influenze mediorientali, mediterranee e nordafricane, senza sbilanciarsi in un senso o nell'altro, e che fin dagli esordi, nel 2002, si caratterizza con l'introduzione di ingrendienti allora sconosciuti, impossibili da trovare e oggi rintracciabili anche al supermercato, dopo che lui li ha 'sdoganati': aglio nero, sommaco, cardamomo verde, la miscela di spezie zaatar, lo sciroppo di melograna, per citarne solo alcuni.
In oltre due decenni di attività l'Ottolenghi style è diventato una scuola e ha sfornato diversi chef famosi: Helen Goh, Ramael Scully, Itamar Srulovich e Sarit Packer(Honey & Co) e Ixta Belfrage, che ora hanno ristoranti loro e scrivono libri.
Ottolenghi è un creativo, un artista della cucina, ma è anche un uomo di squadra, ha sempre lavorato in ‘team’, coi sui soci storici, Noam Bar e Cornelia Staeubli e con il capo chef e socio, Sami Tamimi, un palestinese cresciuto nella zona musulmana di Gerusalemme.
Tuttavia è sempre lui, Yotam Ottolenghi il centro dell'attenzione: nato a Gerusalemme nel '68, vissuto in Israele fino all'età di 29 anni, laureato in letteratura comparata a Tel Aviv, dopo tre anni di servizio militare, trasferitosi a Londra nel 1997 con in testa l'idea di diventare un cuoco 'creativo' e di inventare una cucina 'fusion', diversa. Apre il suo primo caffè a Notting Hill, a Londra, nel 2002, tre anni dopo l'uscita del film 'Notting Hill', con Hugh Grant e Julia Roberts che ha lanciato questo quartiere 'povero', giamaicano, facendolo diventare un posto residenziale, esclusivo, di moda.
Anche Ottolenghi ci ha messo del suo, piantando le sue radici a Notting Hill, e poi espandendosi, ma conservando il suo marchio: una cucina che è anche arte e design, capace di combinare i sapori del Mediterraneo e del Medioriente con l’amore per la bellezza. E soprattutto una catena di ristorazione di lusso ma non esclusiva, cara ma anche accessibile a tutti, redditizia, un business, capace di unire affari e creatività come forse solo a Londra è possibile.
Il suo marchio: una cucina che è anche arte e design, capace di combinare i sapori del Mediterraneo e del Medioriente con l’amore per la bellezza
Una specie di pret a porter dell’alta cucina, per dirigere il quale, nell'aprile del 2022, dopo la pandemia, Ottolenghi ha nominato il primo amministratore delegato del gruppo, un italiano: Emilio Foa, ex manager di Burberry e Rapha ed ex ceo dei mobili di lusso Oka. Durante la pandemia l'azienda ha ampliato la sua gamma di prodotti online di scatole per la cena, kit pasto e buste Ottolenghi Ready, che hanno aumentato i guadagni nonostante la chiusura temporanea dei suoi ristoranti. Foa ha dichiarato: "Sono appassionato di cibo e sono un appassionato di Ottolenghi da più di 15 anni, da quando mi sono trasferito a Londra, quindi questo è un sogno che si avvera".
E Ottolenghi, a sua volta confessa di aver voluto un ceo per supervisionare la "crescita moderata" delle attività di ristorazione, vendita al dettaglio e catering dell'azienda. "Cresceremo un po' - confida in un'intervista al Financial Times - vogliamo espanderci per la prima volta anche a livello internazionale. Stiamo progettando di aprire a Parigi". "I francesi - dice lo chef, confessando così la sua predilezione per la Francia - sono diversi dagli italiani, perchè sono davvero disposti a provare cibi diversi, hanno una lunga tradizione per il cibo asiatico, nordafricano e mediorientale. Quindi penso che apprezzeranno I miei piatti".
Lo sbarco a Parigi è progettato per il 2024, ma è solo la prima tappa di una multinazionale Ottolenghi? Lui non si sbilancia: "San Francisco, Sydney, Melbourne sono ottime città del cibo, ma sono così lontane...". Forse, per ora, per globalizzarlo possono bastargli i 2,3 milioni di followers che conta su Instagram.