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9 marzo 2023
di Lidia Lombardi

L'acciaio d'Italia, da 139 anni

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Sessant’anni fa, 11 agosto, ore 10,29. Terni ascolta il rombo agghiacciante degli aerei di guerra. Comincia il bombardamento degli Alleati. Il primo di centootto, che sventrano la città delle Acciaierie. Terrà campo anche la memoria della furia bellica del 1943 il 10 marzo, quando la Arvedi Ast festeggerà il compleanno della “più bella officina siderurgica del mondo”, come è stato definito il polo industriale umbro. Il ricordo delle incursioni della Seconda Guerra Mondiale si sovrapporrà a quello che accade oggi in Ucraina, dove piovono proiettili dal cielo contro industrie, cantieri, centrali idroelettriche. Si attacca il nemico là dove si può nuocere di più e l’accanimento contro Terni era dettato dall’esigenza di distruggere quei capannoni industriali dove uomini e donne allineavano anche micidiali proiettili.

Le Acciaierie di Terni non si sono fermate e compiono 139 anni.

Le Acciaierie di Terni però non si sono fermate e domani compiono 139 anni. Furono fondate nel 1884 dall’imprenditore veneto Vincenzo Stefano Breda, un cognome legato all’imprenditoria italiana internazionalmente più famosa. Morì nel 1903 dopo aver portato occupazione in una regione affamata di impieghi durevoli e in attesa di riscatto con l’Unità d’Italia. La “Società degli Alti Forni, Fonderie ed Acciaierie di Terni” diventerà simbolo della svolta industriale del Paese. La scelta della città avvenne per quello che ora è considerata un’attrazione paesaggistica, la Cascata delle Marmore. Un’imponente opera idraulica che data nel 271 avanti Cristo, allorché il console romano Manio Curio Dentato ordinò la costruzione di un canale che facesse defluire le acque stagnanti del lago Velino verso lo strapiombo naturale di Marmore. Ne derivò la Cascata artificiale più alta d’Europa, 165 metri. Il candido, spumoso salto dell’acqua era la condizione perfetta per insediare un’acciaieria: la forza prodotta dal suo precipitare venne catturata dalle turbine e trasformata in energia.

Nel 1886 si accendono i primi forni. Un grande evento, al quale prende parte anche il Principe Tomaso di Savoia, - fratello di Margherita, la prima regina d’Italia. Da quel momento  l’acciaieria attraversa la storia industriale italiana. La sua produzione non si ferma mai. Supera difficoltà e scenari drammatici, come due guerre mondiali e le crisi aziendali susseguitesi nel corso dei decenni, l’ultima e più temuta dalle maestranze ternane risolta nel 2022 con l’acquisizione dell’AST (Acciai Speciali Terni) da parte di Acciaieria Arvedi SpA di Cremona, che detiene l’85 per cento del capitale sociale.

Dai reparti di Viale Brin (la collocazione attuale è la stessa di sempre) sono uscite le corazze delle più prestigiose unità della Flotta italiana, la batisfera con cui Auguste Piccard effettuò le profonde esplorazioni marine, il vessel della centrale elettronucleare del Garigliano.  Dopo i conflitti mondiali, il sito è passato dalla produzione bellica agli acciai speciali per uso civile, fino ad assumere, ai giorni nostri, una posizione di leadership mondiale nella produzione di acciai inossidabili piani.

Dai reparti di Viale Brin (la collocazione attuale è la stessa di sempre) sono uscite le corazze delle più prestigiose unità della Flotta italiana

La fabbrica si innesta in un territorio fertile sul piano culturale: tra il 1700 e il 1800 Terni aveva visto la presenza dei pittori plenaristi, artisti provenienti da molti paesi europei attratti dal paesaggio, dalla natura. Diedero vita ad un grande movimento artistico che con l’innovazione della pittura en plein air fu una delle premesse dell’Impressionismo. Anche in epoca contemporanea la fabbrica ha incrociato il percorso di pittori, scultori sceneggiatori e registi. Ecco, nel 1933, la realizzazione del film “Acciaio” di Walter Ruttmann, da un soggetto di Luigi Pirandello. Ecco Luchino Visconti girare qui alcune scene de “La caduta degli Dei”. Fino al set de “La Califfa” di Alberto Bevilacqua, di cui rimane celebre la scena di Romy Schneider di fronte alla pressa da 12 mila tonnellate.

Ma anche gli operai si mettono in posa, orgogliosi e schivi insieme. Sullo sfondo hanno gigantesche ruote sulle quali si arrampicano per lo scatto fotografico. Oppure non si accorgono dell’obiettivo che li punta mentre escono dai capannoni e s’avviano in bicicletta verso casa. Sono intente a sistemare proiettili bellici anche le operaie, perché l’ingente sforzo produttivo messo in campo durante le due guerre mondiali richiese l’impiego di manodopera femminile, a tamponare la carenza degli uomini mandati al fronte. Altre scene testimoniano la vita fuori dalla fabbrica: al dopolavoro, ai campi sportivi, vicino alle scuole e agli asili, sullo sfondo delle case popolari. Fotografie e documenti sono raccolti nell’Archivio Storico delle Acciaierie, aperto al pubblico e, insieme alla Biblioteca, dichiarato di “eccezionale interesse culturale” dal Ministero della Cultura e tutelato dalla Soprintendenza dell’Umbria e delle Marche.

Quando dopo i 108 bombardamenti del ’43 che causarono la devastazione di Terni e la depredazione degli impianti produttivi fu l’ora della rinascita, giunsero molti artisti nella città dell’acciaieria, per lasciare il loro segno. Così alla fine degli anni Quaranta Renato Guttuso dedicò un ciclo di dipinti al duro lavoro in fabbrica. Poi fu la volta di Arnaldo Pomodoro, di Umberto Mastroianni, dell’americana Beverly Pepper, di Carlo Lorenzetti, di Eliseo Mattiacci., di Giulio Turcato, di Bruno Ceccobelli che hanno – insieme ad altri – disseminato nelle strade e nelle piazze le loro sculture, spesso in acciaio. Facendo di Terni non solo il polo della siderurgia ma anche un “luogo del contemporaneo”.

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