Il 18 aprile del 1506 papa Giulio II della Rovere pose la prima pietra. Bramante fu il primo architetto. La Fabbrica di San Pietro, l’organo della Santa Sede preposto alla conservazione e manutenzione edilizia del cuore della cristianità, da secoli non smette di adempiere alla sua funzione: proteggere il sancta sanctorum dalla decadenza mortale, preservare l’eterno dall’usura del tempo. è qui, nello scrigno di capolavori di arte e fede, che si svolge l’opera quotidiana e silenziosa di maestri artigiani. Sempre più al passo con le nuove tecnologie e aperta a un moderno confronto culturale.
La fabbrica di San Pietro da secoli non smette di adempiere alla sua funzione: proteggere il sancta sanctorum dalla decadenza mortale, preservare l’eterno dall’usura del tempo
La Scuola delle Arti e dei Mestieri della Fabbrica di San Pietro, promossa in collaborazione con la Fondazione Fratelli tutti, ha aperto le porte a venti giovani, dodici ragazzi e otto ragazze, provenienti da tutto il mondo: Italia, Perù, Germania e Bielorussia. Saranno futuri scalpellini, marmisti, muratori, stuccatori, decoratori e falegnami.
Vivranno per sei mesi presso la residenza “Villa Aurelia” dei Padri Dehoniani, non lontano dal Palazzo della Canonica, dove uno stemma con tiara e chiavi incrociate certifica la sede della Fabbrica. è qui, infatti, che ogni giorno lavorano oltre un centinaio di maestri “sanpietrini”, impegnati in opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, verifica di sistemi di controllo ambientale, statico e microclimatico.
La nuova scuola, sorta con risalto mediatico anche come proiezione verso il futuro e le giovani generazioni, vuole perpretare la gloria dello Studio Pontificio delle Arti, ufficialmente aperto alla fine del XVIII secolo. Come da tradizione, la scuola rimane gratuita e prevede ora anche cicli di lezioni frontali, seminari e visite guidate. Padre Francesco Occhetta, Segretario Generale della Fondazione Fratelli tutti e Direttore della Scuola, plaude alla ventata di aria fresca: “Ripristiniamo una tradizione antica, nata nel ‘700, quando le maestranze della Basilica trasmettevano ai più giovani il proprio sapere.
Un sapere pratico, che passerà alle nuove generazioni sul campo, dove si potranno apprendere i mestieri antichi adattati oggi alle nuove tecnologie. La partecipazione alla Scuola offre, inoltre, l’occasione per costruire una comunità educante in spirito di fraternità e per una crescita umana integrale”.
Certo, il solo pensiero crea la vertigine. Quella della sfida lanciata da Michelangelo alla cupola fiorentina del Brunelleschi, immortalata dalla celebre frase: “Vado a Roma a far la tua sorella, di te più grande sì ma non più bella.” Di camminare nell’abbraccio del colonnato del Bernini, sul suolo calpestato da santi, papi e sovrani.
Di inserirsi nella tradizione storica di cantieri tra i più prestigiosi, come il Dombauhütte del grandioso Duomo di Colonia, la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano o l’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze. Luoghi che per definizione non possono chiudere i battenti, da cui detti popolari come "Longh cume la fabrica del domm", per parlare di lungaggini e faticose gestazioni. Fucine di sforzi corali e materiali romanzeschi, come quelli che tornano nel celebre “I pilastri della Terra” di Ken Follet.
Gli archivi storici raccontano infatti il lavoro delle numerose “sanpietrine”, di cui rimangono diversi nomi: mastre muratrici, carrettiere, pozzolaniere, fabbre, intagliatrici di legno e di pietre dure, spesso vedove di lavoratori del cantiere
Ciò che però le cronache moderne possono aggiungere alle più illustri pagine della storia dell’arte, di manifatture e artigianato, è il ruolo delle donne. Fin dalle origini, tutt’altro che episodico. Gli archivi storici raccontano infatti il lavoro delle numerose “sanpietrine”, di cui rimangono diversi nomi: mastre muratrici, carrettiere, pozzolaniere, fabbre, intagliatrici di legno e di pietre dure, spesso vedove di lavoratori del cantiere, che godevano di pari rispetto e trattamento economico dei colleghi uomini.
Insomma, la Fabbrica eterna pare ricordare anche che la parità di genere, per lo meno nei laboratori artigiani sorti all’ombra del Cupolone, esiste almeno dal XVI secolo, grazie a donne esemplari per intraprendenza e spirito imprenditoriale.
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