instagram
21 marzo 2025
di Guendalina Dainelli

La (nuova) via del Giappone

Giappone, fioritura dei Sakura
Giappone, fioritura dei Sakura
twitterfacebook

“Dal Bel Paese dove ‘l sì suona, come scriveva Dante Alighieri, al Paese dove il no non suona mai, perché difficilmente trova posto nella cultura del consenso, dell'educazione e dell’armonia sociale, capisaldi della società giapponese. La distanza tra Italia e Giappone sembra infinita. Pensiamo, ad esempio, all’urbanistica italiana, centralizzata, lineare, fondata sulla rete stradale di epoca romana, e a quella giapponese, con strade senza nomi, intese come spazi vuoti tra gli isolati. Eppure esistono tanti e stupefacenti punti di contatto tra le nostre culture.”

Le memorie di un viaggiatore italiano in Giappone, raccontate con divertito taglio giornalistico, costituiscono la trama di Il lato italiano dei giapponesi, scritto da Marino Marin, oggi vicedirettore della Fondazione Italia Giappone. Tra il serio e il faceto, mescolando curiosità a un’osservazione prettamente empirica, Marin sottolinea l'importanza strategica del recente viaggio del presidente Sergio Mattarella: “Molto lungo, non solo per ragioni organizzative. È la prima visita di un capo di Stato italiano dopo sedici anni. È stato ricevuto dall'Imperatore Narihito e l’Imperatrice Masako nel Palazzo imperiale di Tokyo, residenza privata che sorge sull’antico castello di Edo di proprietà dello shōgun.

Nel 2019, l'Unione Europea ha ratificato l’accordo di libero scambio con il Giappone (EPA), il più grande accordo bilaterale dell’Unione. La portaerei Cavour e la nave Vespucci della Marina militare italiana hanno recentemente toccato le coste giapponesi, aprendo a collaborazioni addestrative e commerciali nel settore della Difesa, mentre si rafforzano le sinergie tra le agenzie spaziali. L'Indo-pacifico è una regione cruciale per gli equilibri mondiali, soprattutto nell’attuale crisi del multilateralismo e di fronte alle nuove guerre doganali.”

Oggi, il Giappone appare quanto mai vicino. Con un anno record di quasi 38 milioni di turisti nel 2024, complice la debolezza dello yen, la (nuova) via del Giappone apre a importanti rotte della diplomazia politica oltre ad alimentare un’inesauribile curiosità sociale. Se intorno al XIX si affermò il fenomeno del Japonisme, o Giapponismo (una continua citazione di elementi nipponici che investì la moda, la pittura, gli elementi di arredo occidentali), oggi l’Enciclopedia Treccani ha sdoganato il termine Nippomania, conio giornalistico degli anni Duemila che racconta la passione per il Paese del Sol Levante, dal mondo dei social media allo stile di vita.

Ma anche il Giappone non ha mai smesso di guardare con ammirazione e curiosità all’Italia, prosegue Marin. “Storicamente, le prime relazioni diplomatiche nacquero a seguito delle attività missionarie dei Gesuiti, che nel Cinquecento consolidarono la loro presenza a Nagasaki, porta di accesso degli europei. Qui, il gesuita italiano Alessandro Valignano, nel 1582, maturò un progetto particolarmente illuminato: la cosiddetta “ambasciata Tenshō”, la prima missione diplomatica giapponese in Europa. La delegazione, un gruppo di giovani seminaristi giapponesi di alto lignaggio, dopo un viaggio di diversi anni, raggiunse prima le corti portoghese e spagnola, poi quella del Papa Sisto V, così ben disposto verso i visitatori che li insignì della cittadinanza onoraria romana e donò loro una chiesa nel rione di Trastevere, Santa Maria dell’Orto, ancora oggi luogo di culto della comunità cattolica giapponese di Roma.”

A meno di un mese dalla prossima Expo Mondiale 2025 di Osaka (13 aprile 2025), incuriosisce sapere che, secondo un sondaggio televisivo locale, il Padiglione Italia è il primo che i giapponesi desiderano visitare. Ma cosa accomuna luoghi geograficamente quasi agli antipodi? Secondo la ricercatrice indipendente Chiara Chiapponi, “Il valore, forse anche il culto del bello: nella cultura occidentale è pietra angolare di una ricerca sia estetica che filosofica. Nella cultura giapponese, la cerimonia del tè, insieme alla calligrafia, alla composizione poetica e all'ikebana (l'arte della disposizione dei fiori recisi), era una componente essenziale del bunbu  (addestramento del samurai), che coniugava l'arte della guerra con quella delle lettere e delle pratiche estetiche, ne rappresentavano una declinazione materiale. Ma la fascinazione è sempre stata reciproca. L’Italia è ammirata per la sua storia millenaria che ha lasciato di epoca in epoca un segno visibile su tutto il territorio, per la sua storia manifatturiera, per la pittura, le arti applicate e l’artigianato. L’Italia è stata letteralmente osservata e studiata, come testimonia la missione Iwakura, dal nome dello statista Iwakura Tomomi che guidò una missione internazionale di due anni, dal 1871 al 1873. Si voleva modernizzare il paese attraverso lo studio delle istituzioni e dell’amministrazione dei paesi occidentali. La missione viaggiò dagli USA alla Russia, includendo molti paesi europei, con l’idea di cogliere il meglio da ognuno di essi.”

Dopo oltre due secoli e mezzo di volontario isolamento, il Giappone era consapevole del proprio ritardo economico e tecnologico. “Con la caduta dello shogunato, nel 1868, il Giappone ha abbandonato le strutture feudali, “confrontandosi con le potenze occidentali, voleva imporsi sulla scena internazionale come un paese moderno. All’epoca, sia Italia che Giappone erano giovanissime nazioni” dice Chiapponi, “e la nostra esperienza risorgimentale era osservata con interesse per la similarità con i tumulti della Restaurazione Meiji. L’Italia, inoltre, era considerata un buon mercato, specialmente per il baco da seta, e già nel 1866 era stato firmato il Trattato di amicizia e commercio. Il nostro paese era dunque una destinazione che destava aspettative, ma a conti fatti, ciò che più colpì la missione Iwakura furono l’artigianato, la pittura e le arti figurative. La delegazione, infatti, soggiornò a Firenze, a Roma, dove fu accolta dal re Vittorio Emanuele II, a Napoli e a Venezia. Fu così impressionata dalle bellezze artistiche da portare in patria l’idea che l’Italia fosse un paese d’arte”.

La storia dei contatti tra Italia e Giappone prende forma anche attraverso una banconota, nata nello stesso periodo di fitte relazioni tra i due paesi. Nel 1881 la Banca Nazionale Giapponese affidò al genovese Edoardo Chiossone la banconota con il volto di una donna, la leggendaria imperatrice Jingū, oggi ricordato come capolavoro dell'arte incisoria dell’artista italiano. Durante i suoi 23 anni in Giappone, Chiossone lavorò all'Officina Carte e Valori del Ministero delle Finanze di Tokyo, offrendo il suo personale contributo alla modernizzazione del periodo Meiji. Uomo di profonda cultura e ricercate relazioni sociali, parlava giapponese  e non difettava neppure in generosità. Aveva accumulato una straordinaria collezione d'arte orientale, comprendente stampe, pitture, armi, armature, bronzi, ceramiche e porcellane, smalti, lacche, maschere teatrali, stoffe, monete e altri tipi di oggetti per oltre 15.000 pezzi.

E alla sua morte, destinò la collezione all'Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova (definita nel testamento "mia madre in arte"), dove aveva ricevuto la sua formazione. La collezione Chiossone, inaugurata nel 1905 alla presenza del Re e della Regina d’Italia, divenne poi di proprietà comunale alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Dal 1971 è allestita nell’attuale sede genovese, il Museo d’Arte orientale Edoardo Chiossone, e figura tra le più importanti in Italia e in Europa in fatto di arte nipponica. Senza dubbio, un’altra storia d’amore per il Giappone, che da sola meriterebbe un racconto.

 

Tag

Seguici su

instagram