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2 marzo 2024
di Laura Antonini

Il bello che salva il mondo

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"Quando ho conosciuto Giorgio Armani – racconta Fallai – facevo il grafico. Insieme ai compagni di scuola realizzavo le grafiche per copertine di romanzi e di libri. Per caso capitò di fare degli scatti per una casa di moda per cui ai tempi lavorava Armani, non ancora impegnato nel suo progetto personale di moda. Queste fotografie furono pubblicate su Vogue".

 

Un incontro fortuito ad una festa negli anni Settanta a Firenze e da allora una sintonia e una corrispondenza mai gridata, nel modo di vedere la realtà da raccontare con i rispettivi linguaggi. Quello della moda per Armani e quello della fotografia per Aldo Fallai. A restituire questa armonia di intenti tra i due talenti c’è ora la mostra in corso all’Armani/Silos “Aldo Fallai per Giorgio Armani, 1977 – 2021”. Curata da Giorgio Armani, Rosanna Armani e Leo Dell’Orco, l’esposizione esplora i confini di una collaborazione unica, che ha definito l’essenza stessa di un’estetica che ha fatto breccia nell’immaginario collettivo.

 

Da allora si inaugurò un rapporto di amicizia e sintonia che dura tutt’oggi.

"Probabilmente avevamo entrambi una nostra visione del mondo con cui rapportavamo le nostre inclinazioni. Io scattavo in un modo tutto mio entrando nella realtà e curando l’estetica che sempre salva il mondo. Armani anche rivoluzionava la moda facendosi anche carico delle esigenze di una nuova platea di persone che cercavano una nuova forma in cui entrare. Il mio mondo di riferimento non era forse molto italiano per i tempi. Pensavo ad una borghesia illuminata che va oltre alla logica del profitto".

 

E il pensiero va a scatti simbolo di questa relazione, con Antonia Dell’Atte vestita in giacca che stringe al petto due quotidiani e guarda fuori campo intercettando quella fiducia nel futuro e l’affermazione di una emancipazione femminile percepita come concreta in quel momento storico.

 

"Lavorare con Aldo – racconta Giorgio Armani – mi ha permesso, fin da subito, di trasformare in immagini reali la fantasia che avevo in mente: che i miei abiti non erano soltanto fatti in una certa maniera, con certi colori e materiali, ma rappresentavano un modo di essere, di vivere. Perché lo stile, per me, è un’espressione totale. Insieme, in un dialogo sempre fluido e concreto, abbiamo creato scene di vita, evocato atmosfere, tratteggiato ritratti pieni di carattere. E rivedendo oggi tutto il lavoro realizzato, sono io stesso colpito dalla forte suggestione che questi scatti sanno ancora emanare, e dalla grande capacità di Aldo di cogliere le sfumature della personalità".

In mostra, aperta fino all’11 agosto 2024 in un percorso narrativo che si snoda su due piani, sono raccolti in rigoroso ordine sparso circa duecentocinquanta scatti, apparsi sulle riviste o trasformati in affissioni dal forte impatto mediatico.

 

Ed ecco immagini prodotte per diverse linee accostate. La foto con il tigrotto, realizzata a Palermo, quando la troupe si rifugia in un giorno di pioggia al circo Togni, la laguna veneta evocata in studio, e le statue del Foro Italico, tradotte in un gioco di ombre nette e grafiche.

"Il lavoro con Giorgio – conclude Fallai – è stato il frutto di un dialogo naturale e continuo, e di grande fiducia da parte sua. Entrambi eravamo interessati a mettere in luce un aspetto dello stile legato al carattere e alla personalità, e questo si è tradotto in immagini che appaiono attuali oggi come ieri: una qualità resa evidente dall’allestimento della mostra, che non segue una sequenza cronologica.

 

Dei trent’anni della nostra collaborazione ho ricordi vividi.  Le produzioni erano sempre agili, snelle: si otteneva il risultato con pochi mezzi e senza effetti speciali. Questo, penso, ha fatto breccia nel pubblico".

 

 

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