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30 settembre 2024
di Laura Antonini

L’insostenibile “leggerezza” della moda. Valentino secondo Michele

LR_Valentino Pavillon des Folies - Creative Director Alessandro Michele Finale
LR_Valentino Pavillon des Folies - Creative Director Alessandro Michele Finale
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La storia del guardaroba di Valentino, con i pois, le linee morbide e strutturate, le pieghe, i ricami, i fiocchi e i drappeggi. E poi i colori l’avorio con il nero, il rosso iconico, il rosa cipria e il turchese invetriato che sembra uscito dalla mano dei Della Robbia.
Il debutto di Alessandro Michele come direttore creativo di Valentino arriva con una attesissima collezione, Pavillon des Follies per l’estate 2025 a la Porte de Chatillon alla periferia di Parigi. 85 look hanno animato un allestimento candido e decadente facendo lo slalom tra una mobilia ricoperta da teli bianchi. L'idea è quella della rinascita, dell'eterno ritorno, e dell'epifania, dell'avvicendarsi della storia rinnovata dalle piccole cose, le più inutili quanto essenziali. Siamo a Parigi ma non nel suo aristocratico centro, in una periferia che guarda ai comuni vicini al nuovo che avanza.

Segno dell'inarrestabile mutamento e all'evoluzione vitale, così la moda di Valentino guidata da Alessandro Michele, novello imperatore dell’atelier della romana Piazza Mignanelli, riedita codici e guarda oltre nella sua collezione che è volutamente frivola quanto intensa nei suoi look che non smentiscono Valentino ma nemmeno la definita personalità stilistica di Alessandro Michele.

 

A seguire la passerella una rosa di ospiti fedeli, da Jared Leto a  Elton John e dalle sorelle Valeria e Carla Bruni Tedeschi a Damiano dei Manneskin e Alessandro Borghi. “Immersi come siamo nell’infinità priva di logica del divenire delle cose – scrive Michele nella sua presentazione personale alla collezione - abbiamo costitutivamente urgenza di dare un senso a questo mondo in tumulto, di attraversare il mistero della vita alla ricerca di un qualcosa che possa restituirle valore e consistenza.

 

In questa cornice, la bellezza può costituire un rimedio all’angoscia che si genera di fronte alla  natura caduca e indeterminata del nostro destino. Un ancoraggio per navigare all’interno di quel «pavillon des folies» che chiamiamo vita. Tutt’altro che fugace e inconsistente, la bellezza è, infatti, in grado di produrre conforto e di accoglierci in un abbraccio che conserva il calore dei corpi. La sua è una funzione riparatrice: culla la fragilità e cicatrizza il disordine del reale”.

 

 

 

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