Nuove sale dove ammirare venti rarissimi abiti storici, l’esposizione del nucleo centrale della collezione permanente della Galleria con sessanta abiti, molti accessori preziosi dal Settecento ai primi anni Duemila. A Firenze dopo quasi cinque anni di chiusura al pubblico ha riaperto nella sua interezza quello che è stato ribattezzato il Museo della Moda di Palazzo Pitti.
Un luogo magico che inaugurato col nome di Galleria del Costume nel 1983 da Kirsten Aschengreen Piacenti, figura cardine per la formazione dell’attuale complesso museale di Palazzo Pitti, nacque con l’idea di istituire una galleria dedicata ai costumi storici – la prima in Italia. Un pensiero maturato alla fine degli anni Settanta, nell’ambito della risistemazione del Museo degli Argenti, di cui Piacenti era direttrice.
Un luogo che da subito attrasse le collezioni di stilisti, collezionisti e amanti della moda.
Da Tirelli che donò una parte consistente della sua collezione, agli autori dei materiali teatrali, cinematografici e televisivi come Piero Tosi o Gae Aulenti agli stilisti come Emilio Pucci e Roberta di Camerino. Uno spazio che negli ultimi anni ha poi aperto le proprie collezioni alla contemporaneità, grazie alle donazioni elargite dal Centro di Firenze per la Moda Italiana e Pitti Immagine che hanno consentito di integrare numerosi pezzi maschili con le collezioni preesistenti, principalmente incentrate sulla moda femminile.
Adesso dopo l’apertura, nello scorso dicembre, degli spazi dedicati al fashion del Novecento e dei primi anni del Ventunesimo secolo, si è concluso il rinnovo totale del Museo del Costume di Palazzo Pitti anche grazie a un riallestimento generale. Per la prima volta nella storia del museo (dove nel corso dei decenni sono tradizionalmente andate in esposizione selezioni tematiche), al centro del percorso di visita vi è il nucleo principale di abiti della collezione, ordinato secondo criteri storico-cronologici che accompagnano il visitatore nel complesso viatico della storia del costume e della moda: circa sessanta capi dal XVIII al XXI secolo e altrettanti accessori tra scarpe, borse, ventagli, ombrelli, guanti, cappelli. Tutto questo a dialogo con una rosa di dipinti delle collezioni delle Gallerie degli Uffizi, attentamente scelti per fare da controcanto alle creazioni di moda: da grandi ritrattisti del Settecento e del primo Ottocento come Carle Vanloo, Laurent Pecheux e Jean-Sébastien Rouillard, a eleganti ritratti dell’Ottocento maturo di Tito Conti, Giovanni Boldini, Edoardo Gelli e Vittorio Corcos; ad alcuni degli artisti più rilevanti dell’avanguardia italiana, come Massimo Campigli, Giulio Turcato, Corrado Cagli e Alberto Burri messi in relazione con stilisti di punta della moda novecentesca.
Nelle nuove sale si trovano abiti settecenteschi, esempi di robe à la française.
Capi in stile Impero, come quello in crêpe di seta avorio, ornato da ricami in laminetta d’argento, appartenuto a Massimilla Celano, consorte di Prailo Mayo, terzogenito del governatore del Principato abruzzese di Francavilla. Ancora abiti del periodo Restaurazione, quando il punto vita si riabbassa ed elaborate applicazioni affiorano dalle vesti come bassorilievi scultorei.
Lungo il percorso sono esposti anche rari abiti da sposa ottocenteschi, come il modello in seta dorata adornato da un motivo di peonie e margherite, appartenuto ad Angiola Polese, giovane nobildonna sposatasi nel 1836. Le mise da sera sono protagoniste della moda fin de siècle, con un vestito in rete ad ago meccanico nera su raso di seta avorio di Catherine Donovan, celebre sarta newyorkese definita dal New York Times come la pioniera che aveva vestito la élite cittadina.
Firmato Raphael Goudstikker, è invece la veste Liberty in chiffon giallo e verde appartenuto alla contessa Margaret Brinton White Savorgnan di Brazzà. Ai sofisticati abbigliamenti d’inizio Novecento è infine dedicata una sala, ispirata al clima estetizzante dell’epoca, sull’onda della nuova liberazione del corpo femminile incarnata dalle forme a tubolare delle creazioni di Mariano Fortuny per Eleonora Duse e dalla veste da casa a Kimono di Donna Franca Florio di Jacques Doucet, padre della moda francese, grazie ai suoi interior dresses, tra i sarti più amati dalle dive del tempo.
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