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9 giugno 2022
di Ilaria Conti

Vi stiamo sul collo. Da 108 anni

 Maurizio Marinella
 Maurizio Marinella
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Artigiani, con una vena artistica. Da 108 anni portano le loro creazioni al collo di politici, presidenti, attori, nobili e amanti della bellezza. Dallo storico – minuscolo - negozio di Riviera di Chiaia al mondo e ritorno, in un viaggio fatto di “emozioni, qualità, senso del dovere e passione” che inizia inderogabilmente all’alba - tra caffè e sfogliatelle - e si conclude all’ora della cena. Quattro generazioni di Marinella al servizio dell’eleganza e del buon gusto. Da Eugenio, che nel 1914 aprì la bottega davanti alla villa Reale di Napoli, al nipote e al pronipote che nel 2021 hanno inaugurato uno store con le insegne di famiglia a Londra. Un’avventura che Maurizio Marinella definisce “un miracolo”. Il segreto di tanto successo sta forse nel non avere ceduto a fare grandi numeri: “non possiamo e non vogliamo farli”. “Viviamo ancora l’emozione del creare un nostro prodotto. E un’emozione non riusciamo a venderla”, dice. L’azienda non ha dipendenti ma “persone di famiglia che hanno sempre dimostrato un grande attaccamento”: è la ricetta per “avere risultati belli” e chi acquista una cravatta non compra “solo un filo di seta ma tutto quello che c’è dietro, calore, passione, fatto a mano, esclusività e quella genialità napoletana che non manca mai”.  E per questo Marinella sta portando avanti un progetto con il Mise per far nascere a Napoli un’università degli antichi mestieri.

L’azienda guarda avanti senza mai dimenticare il passato e come è diventata una firma mondiale: “Tutto è nato più di un secolo fa in un locale di 20 metri quadrati aperto dalle 6,30 del mattino alle 8 della sera: se è difficile farlo in tutto il mondo, farlo a Napoli è qualcosa che si avvicina ai confini della realtà. E’ stato un miracolo. Abbiamo cercato di trasmettere artigianato, impegno, senso del dovere e passione, praticamente senza fare comunicazione o pubblicità. Solo negli ultimi anni, con l’arrivo di Alessandro (il figlio ndr), abbiamo attivato una piattaforma per l’e-commerce e siamo un po’ presenti sui social. La voglia di trasmettere Napoli e l’Italia è il mix che ci ha dato tanta riconoscibilità in tutto il mondo”, afferma Marinella.

"L’azienda non ha dipendenti ma persone di famiglia. Cerchiamo di trasmettere artigianato, impegno e passione"

La scelta di aprire alle prime luci del giorno è una storia antica: “Nella villa di fronte al nostro negozio, che prima si chiamava villa Royal, - spiega - la mattina alle 6,30 venivano le famiglie nobili a passeggiare a cavallo. Potevano entrare solamente loro, tanto che all’entrata c’era un picchetto della polizia che controllava il grado di nobilità. A quell’ora le famiglie nobili venivano a passeggiare a cavallo e nel nostro negozio arrivavano i giovanotti che cercavano di incrociare lo sguardo delle signorine. Matilde Serao scriveva sul Mattino che il nostro non era un negozio ma una farmacia di paese, un punto di incontro. Oggi apriamo sempre presto perché viviamo due tipi di commercio: fino alle 8,30 ancora da ‘farmacia di paese’ - la gente viene più rilassata, offriamo il caffè, le sfogliatelle – dalle 8,30 in poi la gente va di fretta e non può aspettare, inizia un lavoro più meccanico. Apriremo sempre alle 6,30 perché vivo questo rapporto molto intenso con la città e continuo a fare quel commercio bellissimo che mi hanno insegnato”. Un orario da lavoratore artigiano… “Ci sentiamo molto artigiani con una vena artistica. A noi piace far nascere un oggetto: dal disegno alla realizzazione della seta, alla cravatta”.

Una tradizione trasmessa di padre in figlio: “Noi non abbiamo mai guardato troppo ai bilanci, ai grafici o ai progetti. Ci siamo dedicati all’accoglienza, a come coccolare i clienti e a come trasmettere l’immagine di una Napoli bella, diversa, che si impegna, cercando di proporre prodotti di altissima qualità. – dice con orgoglio - Siamo scaramantici e tradizionalisti: vogliamo continuare così. Al nostro cliente dobbiamo dare sempre il meglio e se sceglie una cravatta non adatta, noi non gliela vendiamo, perché vogliamo fare una cravatta, una camicia, un foulard che possa dare un’emozione”.

Un’eleganza tutta italiana, anzi di stile tutto napoletano: “Napoli è sempre stata la capitale mondiale dell’eleganza. Quando mio nonno decise di aprire volle creare qui un piccolo angolo di Inghilterra. In quegli anni l’uomo elegante si vestiva all’inglese e la donna elegante si vestiva alla francese. Andò in Inghilterra per importare grandi marchi che poi sono diventati famosissimi. C’era un ponte immaginario, una sorta di ping pong, che legava Londra a Napoli. I tessuti per i vestiti dovevano essere inglesi, ma la manifattura doveva essere napoletana. Noi abbiamo continuato a essere al 50% inglesi e al 50% napoletani. La moda napoletana è fatta di grandi vestiti, di giacche con la manica a ‘mappina’ - senza struttura interna – e di colori. Questa città trasmette il sole, il mare, genialità, accoppiamenti particolari. Le grandi sartorie sono qui, chi fa le camicie, chi fa le scarpe su misura. E’ qui il grande artigianato che solamente Napoli cerca a fatica di conservare”. E la città partenopea è fonte di ispirazione per le creazioni di Marinella: “Assolutamente. Forse Marinella non sarebbe esistito se non fosse nato a Napoli. Esiste un legame, una catena indissolubile che lega Marinella a Napoli e Napoli a Marinella”, dice ancora.

"Forse il  marchio Marinella non sarebbe esistito se non fosse nato a Napoli"

Dai divi del cinema ai presidenti di tutto il mondo, lo stile Marinella è stato indossato da personaggi famosi e non: “Da Enrico De Nicola a Sergio Mattarella, abbiamo avuto tutti i presidenti della Repubblica. Da Kennedy in poi tutti i presidenti americani. Non siamo ancora arrivati al collo di Biden, ma ci stiamo lavorando. E poi Putin, Gorbaciov, Eltsin, Chirac, Mitterrand, Macron, Sarkozy e il re di Spagna, Carlo d’Inghilterra e tutta la famiglia reale inglese, Netanyahu. Tra i nostri clienti anche molti volti della politica italiana: Fini, Gasparri, Casini, Craxi, Andreotti, Cossiga, Di Maio, Salvini e Conte. Insomma; destra, sinistra e centro. E ancora i grandi personaggi dello spettacolo, da Marcello Mastroianni a Vittorio De Sica a Luchino Visconti”.

Maurizio Marinella ricorda qualche aneddoto: “Eduardo de Filippo si faceva confezionare da noi delle canottiere e dei mutandoni lunghi che metteva sotto gli abiti di scena perché era molto freddoloso. Poi il grande Totò: veniva in negozio per imparare ad annodare il papillon”.

Il cliente più esigente, racconta poi, è stato Silvio Berlusconi: “Il nostro cliente più ‘devastante’. Ricordo che il secondo anno della sua presidenza del Consiglio mi invitò a palazzo Grazioli. Mi chiese di consegnargli per il giorno dopo 2.500 cravatte: non le avevamo, non riuscivamo a farle. Ci fu una trattativa: lui scendeva di poco, io di molto. Chiudemmo per 600 cravatte. Fu divertente, una grande dimostrazione di attaccamento all’azienda”.

Parlando poi di moda per Marinella l’uomo non ha grandi possibilità di poterla cambiare, ma “la cravatta e una bella camicia trasmettono ancora un senso di rispetto alle persone che si incontrano, non di rigorisità, ma di buon costume e buona educazione. Faccio un tifo fortissimo per la cravatta, che qualche volta si può anche non mettere, ma in determinate occasioni non si può non indossare: a un matrimonio, a un concerto, a teatro. Presentarsi in giacca e cravatta al primo incontro amoroso, ha un senso diverso. Invece ho visto persone in jeans strappati e maglietta anche al teatro San Carlo…”

Maurizio Marinella

Nel tempo sono cambiate anche le esigenze dei clienti. “Iniziano a essere sempre più complicati - spiega  - prima sapevano perfettamente come vestirsi, adesso sono bersagliati da messaggi e mode ‘strane’, abiti per il matrimonio con pietre, perle, fiocchi... Se fossi una moglie, lascerei il marito sull’altare. Noi cerchiamo di indirizzarli. Siamo per una moda classica, aggiornata, non vecchia, ma classica e semplice. Perché nella semplicità, nella rigorosità e nel rispettare le regole è racchiusa la vera eleganza”. Comunque avverte che si può essere casual anche in giacca e cravatta: “Ci sono nuove interpretazioni. Tantissimi ragazzi ci chiedono cravatte più strette. Non siamo per la cravatta tutti i giorni dell’anno, ma in determinati momenti può essere un mezzo per trasmettere una discreta eleganza”. Ma i giovani di oggi non è che si vestano molto bene… “Effettivamente stiamo avendo un decadimento in tutti i campi, in tutti i settori e chiaramente anche nella moda. Tutti dobbiamo esprimere un nostro carattere ma delle volte si va un po' oltre. Bisognerebbe iniziare a ridare delle regole di buon costume, suggerimenti. Sono fiducioso”.

L’azienda sta puntando anche sulla sostenibilità realizzando cravatte dagli scarti dell’arancia: “Ci stiamo dedicando molto al mondo del green. Da anni collaboriamo con Orange Fiber, un’azienda siciliana che riesce a fare un tessuto dalle fibre delle bucce delle arance. Tessuti che hanno avuto un grandissimo successo tanto che non sono mai arrivati in negozio perché il progetto è stato sposato dal ministro dell’Ambiente che ha deciso di regalare a ogni manifestazione queste cravatte. Faremo una produzione più corposa e stiamo iniziando a realizzare anche le bustine di plastica con un materiale ecosostenibile. Ci stiamo divertendo e affronteremo altre sfide”.

"Il lavoro non ci costa sacrificio, viviamo ancora l’emozione e la nostra emozione non riusciamo a venderla"

Ma il tema più importante è quello di non disperdere la tradizione del made in Italy. “L’artigianato è un argomento difficile da portare avanti e da sostenere. – argomenta Marinella - Purtroppo i giovani non vogliono più fare questo mestiere e fatichiamo a trovare personale. Napoli conserva ancora la ricchezza di tante attività familiari che però se non vengono aiutate sono destinate a finire. Ho un progetto con il Mise per far nascere a Napoli un’università degli antichi mestieri. Napoli e l’Italia intera sono ancora ricche di tantissime realtà che stanno scomparendo. Si deve rilanciare l’artigianato e sarebbe anche bello far nascere strade in ogni città che invece di avere i soliti nomi possano avere le migliori sartorie, le scarpe più belle, la mozzarella più buona, il presepe più particolare. Verrebbero a visitarle da tutte le parti del mondo”. Da qui anche la scelta di non accontentare tutti: “Grandi numeri non possiamo farli, forse non vogliamo neanche farli: noi ci sentiamo orgogliosi di essere artigiani. Siamo tirati per la giacca, e anche per la cravatta, dai gruppi importanti che vorrebbero comprarci o entrare in partecipazione. Il lavoro non ci costa sacrificio, viviamo ancora l’emozione e la nostra emozione non riusciamo a venderla”.

Infine il grande ritorno dell’azienda di famiglia a Londra: “Siamo nati 108 anni fa importando articoli dall’Inghilterra e oggi esportiamo lì prodotti italiani. Abbiamo aperto nel posto più iconico, più conosciuto, più tipicamente inglese che Londra potesse trasmettere che è la Burlington Arcade. E’ stato un po’ chiudere un cerchio”.

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