Un intenso e suggestivo dialogo tra due linguaggi, quello della fotografia e quello della poesia, e tra due grandi maestri della cultura italiana, Ugo Mulas e Eugenio Montale. Succede all’Abbazia di San Fruttuoso a Camogli (GE), dove da pochi giorni (e fino al febbraio 2025) si svolge la mostra Ossi di Seppia. Ugo Mulas, Eugenio Montale.
A cura di Guido Risicato e Archivio Ugo Mulas, la rassegna che il FAI - Fondo per l’Ambiente Italiano ETS ospita nel prestigioso luogo presenta venticinque fotografie in bianco e nero scattate dal celebre fotografo nel 1962 a Monterosso, nelle Cinque Terre, luogo dove Eugenio Montale ha trascorso la sua infanzia e che ha ispirato il poeta nella composizione della raccolta Ossi di Seppia.
“Con questa mostra - spiega Daniela Bruno – Direttrice Culturale FAI- il FAI vi invita a riflettere sulla natura e sul valore del paesaggio. Il paesaggio non è un panorama, non è una cartolina. Non è piatto, ma è profondo, e significativo. È storico, è umano, è espressivo: tanto che insegna, e talvolta perfino commuove. Bisogna guardarlo con attenzione però, soffermandosi con calma e sui dettagli, osservando con gli occhi per capire con la testa e sentire con il cuore. Solo così se ne coglieranno le espressioni più autentiche e originali, che non sempre coincidono con la bellezza, ma piuttosto, talvolta, con i contrasti, le asprezze, le luci e le ombre”.
Gli scatti esposti esprimono infatti, in maniera concettuale, il paesaggio descritto da Montale in quel che egli stesso definiva il periodo del “proto-Montale”, ovvero il 1925 quando egli pubblicò una delle sue prime raccolte, Ossi di seppia appunto, dove la sua lingua, aspra e pietrosa, già mostrava il lato oscuro della condizione umana. Affascinato da sempre da quei versi, Ugo Mulas decide di illustrare per una rivista la Raccolta e si reca a Monterosso con l’intento di rendere su lastra quel sentimento, insieme di assoluto e di profonda solitudine, rappresentato dal mare, dal sole e dalle rocce.
“Più che queste foto di documento che possono anche essere interessanti, quello che conta rendere, è il clima generale del luogo, cioè trovare quegli elementi generici, non specifici, che continuamente ritornano, come un leit-motiv in tutto il libro” scrive Ugo Mulas in merito al suo reportage. Il risultato è un’opera fotografica caratterizzata dalla scelta d’insoliti punti di vista e da un intenso lirismo completamente aderente all’opera del poeta, dove la parola trova una perfetta corrispondenza con l’immagine.
“Le qualità sia dell’inquadratura sia della luce di questi scatti - sottolinea Stefano Verdino, docente di letteratura italiana all’Università di Genova - hanno un che di perentorio, che calza mirabilmente non in termini illustrativi ma di sintonia espressiva con il verso sempre nitido e tagliente di questo primo Montale”.