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11 febbraio 2025
di Lidia Lombardi

Munch, sussurri e grida

Munch tomb cimitero acattolico Roma
Munch tomb cimitero acattolico Roma
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Munch non è soltanto “L’urlo”, il distopico dipinto tra i più famosi al mondo, replicato da Andy Warhol e su centinaia di gadget, perfino nelle emoticon, e anche rubato due volte dal museo di Oslo che lo custodisce. Munch è il ricordo, il dolore, l’amore contrastato, il mare, le città norvegesi, i cieli stellati e la morte, la bohéme e la solitudine. Munch è il visionario artista vissuto ottant’anni (1864-1944) che ha conosciuto l’Impressionismo a Parigi, ha cavalcato il Simbolismo, ha anticipato l’Espressionismo e le avanguardie del XX secolo, compreso il Futurismo. E’ soprattutto l’interiorità dell’individuo, le sue paure, il suo vissuto, le emozioni, tanto scavate, essenzializzate da diventare gli spettri di ciascuno di noi.

Dice tutto questo la esaustiva e affascinante mostra – “Munch. Il grido interiore” - che si apre oggi al pubblico a Palazzo Bonaparte, piazza Venezia, Roma, dopo essere stata visitata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e dalla Regina di Norvegia,  Sonia, insieme con il ministro della Cultura, Giuli, e i vertici di Arthemisia, che festeggia i suoi venticinque anni di attività producendo questa rassegna, già esposta a Palazzo Reale di Milano con il record di 270 mila visitatori.
E’ da vent’anni che il pittore norvegese non è esposto nella Capitale. Ora lo iato è colmato grazie alle sue cento opere – tra dipinti, incisioni, fotografie, video, documenti – che vengono tutte dal museo su di lui incentrato ad Oslo. Dunque, non c’è l’olio de “L’urlo”, troppo delicato per essere spostato. Ma c’è una delle versioni che Munch ne fece, in litografia. E un video che ne narra l’origine e le vicende. Il visitatore non se ne rammarichi però. “Si è cercato di liberare l’artista dalla sua icona e dall’etichetta di maledettismo che lo circonda. Invece il percorso espositivo si giova di questa assenza, concentrandosi sull’inserimento di Munch nella storia dell’arte e della cultura, lui che frequentò e scambiò suggestioni con gli intellettuali che rimescolavano le carte in Europa: Freud e Ibsen, Kierkegaard e Strindberg…”, spiega Domenico Piraina, direttore del milanese Palazzo Reale presente alla vernice romana, a testimoniare anche del mood che ha circondato la rassegna.


Non c’è “L’Urlo” celeberrimo, si diceva, ma il soggetto in incisione, anno 1895. Però nella attigua sala, l’ultima, campeggia al centro “Disperazione”, dipinta negli stessi anni. L’impianto è simile: un personaggio in primo piano, gli occhi chiusi, le testa bassa, sullo sfondo di un piano inclinato recinto da una palizzata e di un cielo striato di rosso e di giallo, mentre la città fa da quinta, laggiù nella nebbia. Non un evento, ma uno stato d’animo di quell’infelice rivolto verso lo spettatore, mentre due uomini in nero dietro di lui passeggiano, voltandogli le spalle. Eccolo, Munch con l’impianto tipico di tante opere. Ricorre il personaggio che guarda fuori del quadro e dà le spalle alle altre presenze, anch’esse chiuse nei propri scuri pensieri e incapaci di incrociare gli sguardi, di dialogare. Colpa della morte, della malattia con le quali ha convissuto fin da bambino: la madre portata via dalla tubercolosi, l’amata sorella.

 

Poi il padre, mentre il giovane Munch era a Parigi. E il fratello, a soli trenta anni. Allora, si affastellano i lavori che raffigurano l’ultimo respiro, i familiari attorno al letto dell’agonizzante, che mai si vede di faccia. Ne “La morte nella stanza della malata” ciascuno dà le spalle all’altro, nessuno si scambia un gesto di conforto.  Incomunicabilità, che diventa addirittura indifferenza di fronte a una tragedia che tutti dovrebbe coinvolgere: una bambina annaspa in un corso d’acqua in città, l’abitino è uno schizzo rosso nella corrente diafana, ma non c’è un passante, nella via sullo sfondo, che si occupi di lei. Altrove la Morte entra in scena come in un incubo: è uno scheletro al timone di una barca, ed è uno scheletro il bambino sifilitico in grembo alla madre, in una posa memore della Pietà di Michelangelo.
Munch lottò con la depressione e l’alcolismo, si fece ricoverare volontariamente in sanatorio a cavallo del secolo e conobbe da vicino l’instabilità mentale più devastante. Ne era affetta fin da giovanissima la sorella Laura. Egli la raffigura nell’ospedale psichiatrico di Kristiania (Oslo) dove infine è ricoverata: gli occhi neri e sgranati, tutto intorno è incerto, come in una percezione allucinata: la donna è seduta ma non c’è sedia, il pavimento accenna a losanghe, il tavolo davanti a lei è indistinto nelle spirali rossastre simili alle anse di un cervello anatomizzato. Del resto, “anatomo-patologo dell’arte” il pittore si definiva, come ha ricordato la curatrice della mostra Patricia G. Bergman, tra le sue maggiori studiose al mondo.


L’amore è problematico, ha molte relazioni, ma la nevrosi gli rende difficile il contatto fisico con l’unica donna che avrebbe voluto sposare, Tulla, la quale invano gli chiede intimità. La liaison termina nel 1902 in modo drammatico: durante una lite un proiettile mutila una delle dita di Munch. Lei sposa un altro e s’accresce la depressione dell’artista. Che rivive l’amore drammatico in un doppio ritratto, lui e lei, che poi sega, a separare i due volti. Ancora, dipinge la scena del suo assassinio da parte della donna, e nella stanza dove egli è disteso sul letto, vittima sacrificale, e la donna sfocata, vanno in primo piano gli oggetti, un cappello, un telo, al pari di chi nell’incoscienza non mette più in ordine gli oggetti. Infine, replica “La morte di Marat” di David, punteggiato di macchie rosse come schizzi di sangue, affibbiando a Tulla il ruolo di Carlotta Corday. Il tema del bacio ricorre spesso: un bacio che rende indistinte le due figure, l’uno ad annegare nei capelli o nel collo dell’altra. Altrove, la donna si china su l’amato, che poggia la testa sul suo grembo, soverchiandolo completamente: così diversi dipinti che replicano la posa vengono chiamati da un amico artista “Vampiro” e l’artista accetta il titolo che trasforma la tenera scena nella rappresentazione della fragilità maschile rispetto al dominio femminile, in rimonta alla fine dell’Ottocento.

Munch viaggiò molto, a Berlino contribuì alla formazione della Secessione Viennese e allestì mostre, reputate scandalose. In Italia arriva la prima volta con Tulla, nel 1899, torna nel 1922 e passa un mese a Roma nel 1927. Commovente nel suo taccuino un disegno che copia il ritratto di Raffaello. Della Cappella Sistina dice che è “la più bella stanza del mondo”. Dipinge la tomba dello zio, illustre storico, nel cimitero acattolico della Capitale e poi il ponte Rialto di Venezia. Ora le sue opere perdono l’impronta dell’angoscia. La serie dei nudi maschili sulla spiaggia segnano un vitalismo riconciliato con la natura. Paesaggi campestri e contadini mai oleografici. Notti stellate dense di significati nell’incombere degli astri attraverso lo scuro azzurro notturno. Autoritratti, quelli di inizio Novecento più inquietanti (nudo tra le fiamme dell’inferno, per esempio) gli altri degli ultimi anni nei quali non nasconde il passare impietoso del tempo (l’insonnia ne “Il viandante notturno”, la figura instabile ne “Autoritratto tra il letto e l’orologio”, terminato un anno prima di morire). Una sorta di pacificazione con lo spazio esterno, la luce dell’estate e il proprio essere nel celeberrimo “Le ragazze sul ponte” del 1927. Resta però la costruzione stralunata della prospettiva e l’interrogativo sullo scorrere dell’ampio fiume, fatto scuro dall’ombra imponente di un albero: dove andrà a finire, dove sboccherà la vita?
“Non dipingo dalla Natura, prendo da essa. Non dipingo ciò che vedo ma quello che ho visto”. Le emozioni vissute, la memoria che esce fuori dall’Io, la poetica di Munch. Suggerisce la curatrice Berman: questa mostra (fino al 2 giugno prossimo, sponsor Generali Valore Cultura e Statkraft, partnership Fondazione Terzo Pilastro Internazionale) “va visitata con lentezza, gentilezza, silenzio per trovare non solo Munch ma noi, nel nostro interno”.

 

 

 

 

 

 

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