Gli scaffali carichi di faldoni sono una summa enciclopedica dell’industria della calzatura e della pelletteria dagli inizi del secolo scorso ai giorni nostri. Si, perché è importante precisare che Arsutoria è prima di tutto (quanto meno in senso cronologico) una tra le più importanti riviste internazionali di settore. “Immagini che al designer di un brand famoso sia richiesto dal suo direttore creativo di reinterpretare gli accessori degli anni Settanta – mi spiega Matteo Pasca, CEO del gruppo Arsutoria – In questa grande sala per l’archivio, si accomodano attorno ai tavoli, sfilano i numeri delle riviste dai ripiani le sfogliano e iniziano a mettere a fuoco le idee di design”
Arsutoria, letteralmente arte calzaturiera (dal latino Sutor, calzolaio) è una delle più prestigiose scuole professionali ad alta specializzazione, non solo a livello nazionale. “Il nostro è un DNA tutto particolare – mi spiega Pasca – non siamo una vera e propria scuola di fashion design quale la Central St. Martin di Londra, ma neppure una scuola professionale di distretto industriale. La nostra storia risale al 1922, quando un editore aveva prima fondato la rivista e poi la scuola nel 1927. Da allora il nostro spirito, la predilezione per l’aspetto più manuale del prodotto, non è mai cambiato. Siamo una boutique della formazione gestita ormai dalla quarta generazione di una famiglia che ha dedicato tutta a sua vita a questi settori.”
Arsutoria è una delle più prestigiose scuole professionali ad alta specializzazione, non solo a livello nazionale.
Oggi la scuola Arsutoria conta una ventina di professionisti, tra fissi e collaboratori, e ospita fino ad un massimo di 80 studenti. I corsi, naturalmente, sono tutti in lingua inglese perché “solo in questi ultimi 10 anni abbiamo ospitato studenti da oltre 50 paesi”.
Dai master annuali di alta formazione ai corsi professionalizzanti gratuiti perché sponsorizzati da Regione Lombardia, la scuola sorge nel quartiere milanese di City Life, su una superficie di oltre 1200 metri quadri. “Lo spazio è indispensabile per una scuola altamente pratica e manuale come la nostra, tra i materiali e le machine delle nostre fabbriche didattiche. Ma sa quale è la difficoltà maggiore? – mi chiede Pasca – senza dubbio trovare insegnanti con tre requisiti: capacità tecniche, buon inglese e molta pazienza. Noi abbiamo avuto la fortuna di costruire un gruppo di insegnanti straordinari e tutti molto senior, italiani ed uno spagnolo. Valgono oro.”
Abbiamo avuto la fortuna di costruire un gruppo di insegnanti straordinari e tutti molto senior, italiani ed uno spagnolo. Valgono oro.
Arsutoria è in effetti un nome noto anche all’estero nei settori dele scarpe e delle borse. “Dal 2010 abbiamo formato più di 800 professionisti con corsi brevi organizzati in diverse città degli Stati Uniti, abbiamo offerto le competenze tecniche a scuole di fashion design e management da Singapore a Portland e abbiamo costruito percorsi di formazione a quattro mani con aziende come Nike”.
E se c’è un comun denominatore tra gli studenti è quello di costruire con mano il proprio futuro. “Arrivano da tutto il mondo e con i background più diversi. Molti hanno studiato fashion e vengono in Arsutoria a specializzarsi. Alcuni sono figli di ex alunni con una storia familiare nel settore degli accessori. Spesso gli studenti indiani hanno alle spalle formazioni economiche e finanziare di alto livello, ma prima di assumere ruoli manageriali nelle aziende di famiglia vengono a completare qui la formazione per conoscere meglio il prodotto” dice Pasca.
Gli sbocchi professionali poi sono praticamente garantiti “Molti studenti avviano start-up all’inseguimento di un sogno dopo un passato nelle multinazionali o nella finanza. Molti diventano designer o developer in aziende di primo piano, da Puma a Gucci. Ci sono poi storie di successo come quella di Sarah Flint, che ha dato vita all’omonimo luxury brand di scarpe e che ora è socia di Cindy Crawford e non è l’unico caso. Faccia una ricerca su Linkedin o Google e scoprirà che i nostri ex alunni sono ovunque ”
Al termine di questo viaggio nella produzione artigianale di scarpe e della fascinazione che produce (“Mi creda, roba da dipendenza, ammonisce Pasca) non riesco a non pensare all’incredibile storia di Daniel Day-Lewis. Il multimilionario volto di Hollywood alla fine degli anni Novanta ha lavorato gratis per quasi un anno come calzolaio in una bottega artigiana fiorentina. Il proprietario Mario Bremer ricorda ancora il suo silenzio e disciplina da religioso mentre martellava e cuciva. Era entrato in bottega per comprarsi un paio di scarpe. Per convincerlo ad uscire c’è voluto Martin Scorsese, che gli chiedeva di recitare in Gangs of New York.
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