Fare, Disfare e Rifare, l'arte di Buren a Pistoia
È il legame tra Daniel Buren, l’Italia e la Toscana, il fil rouge della mostra in corso a Pistoia a Palazzo Buontalenti dal titolo DANIEL BUREN. Fare, Disfare, Rifare. Lavori in situ e situati 1968-2025. Con interventi che coinvolgono anche gli spazi esterni delle sedi museali di Palazzo de’ Rossi e Antico Palazzo dei Vescovi la rassegna che si chiude IL 27 Luglio 2025 è portata avanti da Fondazione Pistoia Musei e in un allestimento di 13 sale e due interventi esterni, presenta una selezione importante del lavoro dell’artista.
Un percorso tra opere storiche e più recenti con lavori creati/ricreati appositamente per l’occasione. Con questa idea, Buren mette in discussione e rielabora il proprio lavoro, investendo di nuovi significati progetti elaborati in Italia dal 1968 a oggi e invitando lo spettatore a riflettere sulla trasformazione dell’arte nel tempo e nei diversi contesti. “Il titolo della mostra – Fare, Disfare, Rifare – scrive nel catalogo Monica Preti, Direttrice Generale di Fondazione Pistoia Musei ETS - è una vera e propria dichiarazione di intenti. Buren ci invita a ripensare il concetto di opera d’arte non come un oggetto statico, ma come un processo, un’azione che si rinnova costantemente.
Ci troviamo di fronte a un paradosso: come si può ripercorrere la carriera di un'artista che ha sempre concepito le sue opere come inseparabili dal contesto in cui sono nate? Buren risponde a questa sfida con un approccio radicale: anziché raccogliere opere preesistenti, le ri-crea, le trasforma, le ri-fà, sapendo che ri-farle significa inevitabilmente anche dis-farle”. Il percorso a Palazzo Buontalenti si apre con due sale dedicate alla ricerca sviluppata alla metà degli anni Sessanta, dove sono esposte opere pittoriche con collage su carta e grandi dipinti su tela di cotone, in cui il linguaggio astratto è indirizzato progressivamente verso una semplificazione formale che Buren identifica con il motivo delle bande verticali bianche e colorate, sempre larghe 8,7 centimetri, provenienti dal tessuto industriale utilizzato dal 1965 per i suoi dipinti e ripreso dall’artista dopo il 1967 in opere poste in contesti urbani, in luoghi istituzionali, e non, dell’arte e della cultura. Un dispositivo visivo semplice divenuto il suo "strumento visivo".
A partire dagli anni Settanta, i suoi lavori si fanno tridimensionali grazie a tessuti stampati, carta, vetro, specchio, legno, plexiglass, e sono realizzati in funzione del contesto che li ospita. La mostra prosegue quindi con lavori del 2014 – Tryptique Electrique-Orange e Tryptique Electrique-Rouge – dedicati al colore e alla luce, composti da led fluorescenti e fibre ottiche. Di passaggio tra la prima e la seconda parte del percorso, c'è la corte interna di Palazzo Buontalenti dove si trova Découpé/Étiré, ripresa inedita di un lavoro in situ del 1985. La struttura, che occupa tutto lo spazio con una forma a croce, vuole essere un gioco prospettico. Come racconta lo stesso Buren “in una serie di portici che, come bambole russe, possono essere incastrati uno nell’altro, dal più grande al più piccolo, per formare un unico piano.
Ed è proprio questo piano che, una volta ‘tagliato’ in pezzi, può dispiegarsi ed ‘estendersi’ a piacimento, o quasi”. Nella seconda parte del percorso troviamo Quando il colore si guarda, che vediamo di lui?, opera creata/ricreata che riprende un lavoro del 1990 incentrato sul colore e il suo riflesso, e due esempi di cabane eclatée (capanna esplosa), entità costanti all’interno dell’opera di Daniel Buren. Di sala in sala fino all'ultima dedicata ai recenti lavori situati – Prismes et miroirs. Haut-relief, con i quali Buren torna al formato quadrato e dove l’altorilievo, tecnica scultorea qui ricordata da un serie di prismi sporgenti e colorati con il motivo a bande colorate, dona plasticità all’opera.
31 marzo 2025
27 marzo 2025